Una strada nel mezzo del niente, o di come mi immagino sarebbe la luna con l’erba e l’acqua.
È mattino presto, non c’è traffico e la sensazione di una solitudine carica di libertà si fa ancora più forte.
Geyser è la prima tappa, dove restiamo ipnotizzati dal padre di tutti i geyser, il primo a essere scoperto e che ha dato il nome a quelli che sono venuti dopo. In realtà lui ormai riposa sobbollendo un poco, dopo ottocento anni di ininterrotte esibizioni. Il suo discendente, Strokkur continua a stupire e incantare turisti e locali.
È la volta di Gullfoss, le cascate più imponenti e importanti dell’Islanda. Un salto di trentadue metri, una quantità gigantesca di acqua che scorre, un fiume che ne avrebbe di storie da raccontare. Come quella di Sigriöur, giovane fanciulla che per impedire la costruzione di una centrale idroelettrica fece centoventi chilometri a piedi nudi, fino alla capitale, minacciando di buttarsi dalla scogliera se questo fosse accaduto. Se oggi abbiamo ammirato quelle cascate è anche e soprattutto merito suo.
L’ultima tappa del circolo d’oro è un parco naturale, che ha degli ottimi motivi per essere famoso, oltre la bellezza.
Una spaccatura di tre metri nel terreno a testimoniare la frattura tra le placche tettoniche dell’Europa e l’America del Nord.
Poco più a valle, davanti una vista di pace, si visita il luogo dove si è riunito il primo parlamento all’aperto, dove gli antichi islandesi legiferavano, combinavano matrimoni e stringevano alleanze, tra cielo e terra.
L’arrivo è nell’ostello di un piccolo paese affacciato su un fiordo, dove per un hamburger tocca pagare il corrispettivo di un menu completo da Cracco.
“Amore, ci penso io”
“Davvero?”
“Sì”
E carbonara fu.