Holiday

È un periodo di grandi evoluzioni, progetti e movimenti a casa mia.

Il movimento più sentito è quello del denaro che lascia il conto corrente, ogni volta che apro l’app della banca parte in sottofondo e ad alto volume “e con le mani, con le mani, ciao ciao”

L’esborso del momento è dovuto alle vacanze. Non le mie, ovviamente.

Per i tre virgulti si prospetta un’estate gaudente, da giorni si ritrovano amici in gruppo a casa nostra per valutare la migliore delle mete estive.

“Ehi Bro, cerca un villaggio sulla spiaggia a Mikonos, settimana centrale di agosto”

“Minchia fra, costa un rene, provo club Med a Ibiza”

“Oh, ma sono matti? Va che prezzi, se mettiamo i soldi di tutti e dieci forse uno ci può andare”

“Guarda la Sardegna”

“No, la Sicilia”

“Il Molise?”

“Vabbè, googla quali sono i posti più economici per andare in vacanza”

“Campeggio libero a Brasov, Transilvania, che dite?”

“Minchia Bro, bella fra, pensiamoci”

Di questo passo, me li troverò accampati in giardino a ferragosto.

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Penalità

Domenica ci sarà la prima gara della stagione in trasferta.

Ginnastica acrobatica, specialità della piccola.

Controlliamo di avere tutto pronto, dove tutto sta per poche semplici cose. Nessun attrezzo se non il proprio corpo, pronto a volteggiare sul track e volare dal trampolino.

Quindi retina, elastico e forcine per uno chignon perfetto -che noi cementeremo col mastice, stante la materna incapacità di pettinare le figlie-, e body da gara.

Il body da gara.

Che, misteriosamente, è scomparso da casa a due giorni dalla gara.

Sgrido la piccola.

Senza body regolamentare, niente gara. Col body vecchio, penalità per la squadra.

Mi offro di andare a comprarne uno nuovo ovunque -li fa la sarta, non si può- di cucirlo con le mie mani -ovvero avvolgere la piccola nella carta stagnola, in fondo il body è argentato- di corrompere la giuria per non avere la penalità.

Niente.

Sgrido la piccola.

Nel tardo pomeriggio il body riemerge, dove non doveva essere, ma fa niente. Giubilo e gaudio, abbracci come ai mondiali dell’ottantadue.

Sgrido la piccola, ci ha fatto passare ore di terrore.

Il body sembra meno argentato del necessario, anzi decisamente nero.

“Mamma, non lo hai lavato in lavatrice, vero? Le istruzioni erano chiarissime: lavaggio a mano e acqua fredda”

Se esistono penalità anche per le madri, oggi ne ho collezionate qualcuna.

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Il grande inganno

C’è un aspetto della genitorialità, collocato tra un’esibizione e l’altra di questo sghembo circo Barnum, che non smette di intenerirmi e sconcertarmi.

Sono una donna, una madre, una pedagogista (cosa vi ricorda?) con degli strumenti abbastanza solidi, un livello medio di comprensione del testo, una demenza senile appena accennata e non invalidante, ecco.

Ma non basta, evidentemente.

Quando uno dei miei figli combina qualcosa, evento tutt’altro che raro e con diverse sfumature non di grigio bensì di gravità –qualunque trasgressione adolescenziale vi venga in mente probabilmente l’abbiamo avuta-si scatenano in me sentimenti contrastanti.

Il primo è la furia, sempre che possa essere catalogato come sentimento e non istinto primordiale. Quella accecante, che ti inietta gli occhi di sangue e ti fa tuonare punizioni assurde e non sostenibili come “non uscirai fino ai quarant’anni, basta playstation fino alla maggiore età, non ti comprerò più neanche un paio di mutande finché non ti sposi”

Non ci crede nessuno, persino il gatto ti fissa con la commiserazione di chi sa quanto le tue parole siano urlate al vento.

Ma il figlio o la figlia sa che c’è un modo, pressochè infallibile, per rientrare nelle grazie –e nelle tasche- del genitore: il messaggino smielato.

“Intanto scusa, mamma. Ho commesso un errore imperdonabile, non so davvero cosa mi sia successo. Sai che non sono così e credimi, la cosa che mi fa più male e non dormire la notte è avere perso la tua fiducia, cosa a cui tengo più del mio iphone. Se non avrò il tuo perdono capirò. Con immutata stima e amore, tuo figlio/a/i”

Un coacervo di balle, un’accozzaglia di falsità, un tentativo di circonvenzione di incapace, persino. Ne ho una collezione intera, potrei allestirci una mostra. Devono avere un manuale, come quello delle Giovani marmotte, che li istruisca fin da piccini alla nobile e criminale arte di intortare il genitore furibondo.

Perché io, ogni volta, ci credo come se fosse vero.

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Barbarie

Dicono che sia un passaggio inevitabile, obbligato, quasi necessario.

Succede forse a tutti, chi più e chi meno, anche se mal comune non sempre è mezzo gaudio.

Sono fasi, momenti, quasi riti di passaggio, come l’antropologia ci insegna.

Gli aspiranti adulti Mati devono superare tre prove. Per prima cosa gli viene versato del veleno negli occhi. In seguito vengono picchiati con dei bastoni dagli altri uomini della comunità. Infine vengono colpiti con dardi sparati da lunghe cerbottane di legno, intrisi con una tossina ottenuta da rane velenose che provoca allucinazioni, tremori e una forte diarrea.

Gli adolescenti della tribù Sa devono esibirsi nel rituale del Naghol (tuffo a terra) per poter diventare ufficialmente grandi. Questo rituale ha ispirato il bungee jumping. I giovani, legati solo con liane, si devono lanciare da torri di legno alte più di 30 metri.

Se la liana è troppo corta i ragazzi rischiano di andare a sbattere contro i pali acuminati che reggono la struttura; se è troppo lunga cadono al suolo.

Noi occidentali invece siamo popoli evoluti, intellettualmente superiori, lontani da simili barbarie.

Per suggellare il passaggio nell’età adulta facciamo un incidente con la macchina nuova di nostra madre a dieci giorni dall’emissione della patente.

Visto che nessuno si é fatto male, vado a comprare dardi avvelenati e cerbottana su Amazon.

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Che figura

A cena

“…ed è praticamente senza calorie”

“Ma no, tutto ha calorie”

“Blo, santa pazienza, è un’iperbole”

“Ma l’ipernonhocapitocosa è qualcosa da mangiare? Senza calorie?”

“No piccola, é…”

“Lo so io! Lo so io! È quella roba di geometria. Devo averla sentita nominare da qualche parte, ma non ascolto mai tanto la prof”

“Credo che tuo fratello intendesse…ma facciamocelo spiegare direttamente da lui”

“’L’iperbole è una figura retorica che consiste nel portare all’eccesso il significato di un’espressione, amplificando o riducendo il suo riferimento alla realtà per rafforzarne il senso e aumentarne, per contrasto, la credibilità”

“Ah. Finisci la carne, che si fredda”

Non è in grado di trovare le calze in un cassetto, ignora dove sia collocato il burro in un supermercato, fa confusione tra shampoo e balsamo.

Ma sulle figure retoriche non lo batte nessuno.

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Elasticamente

Quando pensi che il peggio sia ormai arrivato e superato, il fondo del barile toccato e grattato, il tunnel abitato e arredato, arriva lei.

La bellissima/tonicissima/informissima maestra di Gag.

Arriva melliflua, con un sorriso suadente, mentre tu cerchi a fatica di allacciarti una scarpa, e ti consegna lo strumento di tortura della serata: l’elastico.

Appena lo abbiamo avuto in mano, la piccola ed io abbiamo pensato di farci la coda, usarlo come cerchietto, metterlo al polso come bracciale.

Mai, neanche nei sogni più sfrenati, avremmo immaginato di doverci fare entrare le gambe per svolgere una serie variegata di esercizi.

Da ieri sera la parola insaccato ha tutto un altro significato, ed oggi empatizzo in tutt’altro modo col salame campagnolo.

Al grido di “la volete la pancia piatta?”, al quale è seguito un coro di vigorosi “sì!” e due flebili “anche no, grazie”, si è conclusa la serata di allenamento.

Si dice che la prossima volta ci saranno le corde. Per impiccarsi, immagino.

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É venerdì

Stamattina il cruscotto della macchina s’é illuminato come l’albero di Natale, quando colleghi le lucine dei cinesi che quando va bene prendono fuoco.

L’efficentissima automobile -nuova- ci ha tenuto a segnalarmi che i malfunzionamenti riguardano i freni, la pressione degli pneumatici, la partenza in salita, le luci di posizione, il buco nell’ozono e la pace nel mondo.

Trenord mi comunica con una gentilissima email che sarei insolvente per euro settantadue, in biglietti di inizio duemilaventidue.

Pare ci sia stato un problema con PayPal, si son dimenticati di prendersi i soldi e così ora tocca pagarli tutti insieme.

E subito, mi raccomando, non facciamoli attendere come noi quando aspettiamo treni invano.

La mezzana dice che le fa male un dente, io fingo di non sentirla.

Il primogenito ordina libri compulsivamente, anche se ha terminato il bonus cultura e i pagamenti arrivano sulla mia carta di credito.

Però è venerdì, direte voi. La settimana è finita e si spalanca il weekend.

È venerdì. C’è Gag.

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Sex in the city

Dopo una lunghissima attesa, litri di benzina, chilometri di strade solcate, parcheggi a elle e a esse, capelli bianchi e anni di vita -miei- perduti, è accaduto.

Il primogenito é armato di patente di guida, e la vita da adesso non sarà più la stessa per nessuno.

Pedoni compresi.

La richiesta di scotch e corda per una serata con gli amici, da parte della mezzana.

Il pensiero va a cinquanta sfumature di grigio e alla stanza del piacere, mentre la vedo salire le scale col nastro carta e lo spago dell’arrosto, gli unici trovati.

Le sfumature sono invece quelle dei neuroni ormai perduti, dopo avere giocato a “lega la bottiglia con lo spago al soffitto e mentre siamo tutti bendati la facciamo ondeggiare e vediamo chi la prende in fronte”

Si sono varati il cervello, loro.

La piccola che racconta placidamente a tavola di come si è svolta l’odierna lezione di grammatica.

“Abbiamo copulato tutta l’ora, sono a pezzi”

Mi sono riavuta dal malore abbastanza in fretta, in tempo per capire che stava parlando di verbi.

E io che credevo che la cosa più emozionante, oggi, fosse avere trovato i sacchetti di ricambio dell’ aspirapolvere.

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S.Valentino

Sono una donna che da sempre combatte gli stereotipi. Di genere, culturali, discriminatori ed etichettanti.

Per questa ragione non dirò che avere un uomo influenzato per casa è una condanna.

Non mi abbasserò alla becera macchietta del consorte intabarrato nel pile, che dal suo letto di dolore smadonna contro un destino cinico e baro (che lo ha privato di una trasferta al mare)

Non cederò al facile richiamo del banalizzare, raccontando della revisione al testamento e il whatsapp al parroco per l’ultimo, estremo, sacramento, quando il termometro supera la fatidica cifra di trentotto.

Non infangherò la reputazione di nessuno dicendo che ha fatto salire il gatto sul letto, al suo capezzale.

No, non lo farò. O forse sì.

Buon San Valentino, amore mio

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Il lavoro nobilita

“No, domani non posso, lavoro tutto il giorno. Ah, non me lo dire, la stanchezza”

È scattato il giorno due della alternanza scuola lavoro della mezzana, e così lei si racconta, al telefono con un amico.

Per un totale di cinque giorni, la giovane abile e arruolata presterà servizio in un comune del varesotto.

Ambito: Servizi educativi, Ça va sans dire.

Sono vizi di famiglia, eredità generazionali.

Competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare, competenza imprenditoriale, lavorare in gruppo, essere flessibili e sapersi adattare, prendere decisioni e coordinare le attività, ipotizzare possibili soluzioni, team working, learning by doing, project work.

Questi i modesti obiettivi da raggiungere in una settimana scarsa.

Diamole un mese e avrà il patrimonio di Gianluca Vacchi.

Una abilità, va detto, è già stata incrementata, quella del problema solving.

Perso il treno, chiama la mamma per farsi accompagnare al lavoro.

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