
Le famiglie sono luoghi abitati da grandi complessità.
Ci convivono moltitudini, ogni individuo é un mondo a sé il più delle volte compatibile come Marte e Venere.
E se é vero che ogni famiglia infelice é infelice a modo suo, caro Tolstoj, non potevi sapere che drammi si sarebbero poi consumati con il caricatore del cellulare. Un dramma vero, che mette a rischio anche il più felice dei nuclei, che incrina i sorrisi tirati della famiglia del Mulino Bianco.
Pur possedendone uno -o più- a testa, pur avendone lasciati alcuni nei punti strategici della casa, ogni giorno riecheggia per i corridoi l’accusatorio grido “chi ha preso il mio caricatore?”
Ci si litiga di meno l’ultima fetta di torta, il trancio di pizza rimasto, le monetine nel mio portafoglio per la merenda di scuola.
Il fidanzato, l’uomo più generoso che conosco, che donerebbe un rene senza esitazione alcuna, é capace di chiamare il Ris di Parma per la rilevazione delle impronte digitali.
Fatica evitabile, tra l’altro, perché quando sparisce qualsiasi cosa é sempre la mezzana.
Nel mentre, acquistiamo nuovi caricatori, con una obsolescenza programmata di un paio di giorni.
Dal cinese all’angolo, siamo ormai di famiglia.