Si comincia

Reykjavik ci accoglie un tardo pomeriggio, pulita, ordinata e con un gran traffico per le strade.

Orientarsi non è difficile, anche se le vie hanno i nomi delle lampade Ikea.

Il freddo ci sorprende, abituati come siamo all’afa, al caldo e alle zanzare.

È strano ma bello rimettere giacca e cappello, mentre guardi il mare.

Capisci dal primo in caffè in un bar che il problema non sarà il freddo né il traffico, ma il costo proibitivo di ogni cosa, commestibile e non.

La catena di supermercati più famosa e diffusa ha un porcellino come insegna e la carbonara in scatola come piatto forte. Nemmeno la piccola arriverebbe a tanto.

C’è una grande chiesa Luterana, la più famosa dell’isola, che svetta sulla città insieme a Leiff Eiricksson, l’islandese che primo fra tutti-gli islandesi-è approdato in America.

In riva al mare si staglia l’Harpa, un auditorium simile a un alveare, ricoperto di vetro che cambia colore di giorno e si illumina la notte.

La sera si cammina per il centro, anche se fa freddo, tra giovanissimi sugli skateboard e famiglie con bambini piccolissimi.

“Amore, domani un anello”

“Davvero?”

“No, facciamo il circolo d’oro. Sarà bellissimo”

Ciao, Reykjavík

Informazioni su BarbaraB.

Educatrice e mamma, preparatissima sulla teoria e un po' meno efficace nella pratica. Per tentativi ed errori vado avanti, con un carico di ironia come antidoto alle quotidiane fatiche educative.
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