Diario di bordo, giorno due e tre
Katakolon, Mikonos
Il grande corre a perdifiato su un tapis roulant affacciato al ponte più alto della nave, come se dovesse arrivarci di corsa alla prossima tappa.
Stuzzica la sorellina scottata da sole chiamandola peperoncina e scatenando le sue ire da poppa a prua.
Si muove agile e sicuro per la nave, come se la avesse già abitata in un’altra vita.
La mezzana percorre i quattordici ponti alla ricerca di un wi fi che mai troverà, perché è a pagamento, pedala su una cyclette anche se ufficialmente non ne avrebbe ancora l’età ma ha una madre che falsifica documenti di professione e, in fondo, non manca molto ai quattordici anni.
Divora frutta e verdura come il più nazista dei vegani, poi mi sveglia per lo spuntino di mezzanotte a base di pizza.
La piccola salta da una piscina a una spiaggia, e va trascinata fuori dall’acqua contro la sua volontà.
Si aggira per il buffet con aria sognante e il primo giorno il contenuto del suo vassoio avrebbe potuto sfamare un piccolo stato.
Ammira gli spettacoli serali e comunica a tutti che da grande lavorerà su una nave da crociera per girare il mondo, osserva col naso all’insù monumenti e piazze, e la sua meraviglia è il mio panorama più bello.
Io leggo e cammino, guardo l’orizzonte e tengo insieme le contraddizioni che questo viaggio sul mare mi suscita.
Li osservo e respiro, fotografo per ricordare e scrivo per rielaborare.
Atene, stiamo arrivando.