Diario di bordo
Giorno quattro
Atene
Un giorno di sole dopo tanti di pioggia, un pullman blu e una guida con le sembianze e il tono di voce di Ursula, la strega della sirenetta, che ha affermato a più riprese la superiorità culturale greca e nessuno ha avuto l’ardire di contraddirla per paura di essere trasformati in pesci palla.
Il grande seduto sotto i propilei dell’acropoli che piange la morte del rapper americano preferito, finito come altri prima di lui da due colpi di pistola.
La mezzana che si esalta davanti al Partenone e mi strappa una lacrima di commozione finché non mi accorgo che non è gioia da storia ma da Wi-Fi ritrovato.
La piccola che si è svegliata col piede sbagliato e osserva immusonita le Cariatidi, scivola sui gradini di marmo e riprende il sorriso al punto ristoro, che aggiunge una maglietta nuova alla sua collezione e fa la ruota tra la folla della Plaka.
Io, che a trent’anni di distanza metto piede nei miei studi classici, e come nel Canto di Natale di Dickens appaiono i fantasmi dei miei professori di greco e storia dell’arte, che sussurrano, oggi come allora “potevi studiare di più, Boggio”.