“E poi siamo andate dalla nonna e il gatto non sai cosa ha combinato…”
“Quando?”
“Quando? Sabato, non ti ricordi?”
“Quando te l’ho chiesto!! Ahahaha messa via!”
“Ma come? La pasta al ragù? Lo sai che quando torno da allenamento mangio solo pasta al pesto”
“Cosa? E questi secondo te sarebbero pantaloni? Non li metterò mai. Mi prenderebbero tutti in giro. Io voglio quelli che hanno al negozio in centro. Ah, dobbiamo comprare le scarpe nuove, quelle fighissime per giocare a pallacanestro”
“Tutti i miei amici fanno viaggi bellissimi. Tutti i miei amici hanno genitori meravigliosi. Tutti i miei amici indossano vestiti firmati”
“Ciao, io esco. Come, non posso? Sì, lo so che sono appena rientrato, e quindi? Cosa sono, un prigioniero? Come sarebbe, sì??”
“Tu non capisci”
Ora. È vero che ho studiato, imparato e sperimentato il funzionamento dei ragazzi in crescita. È indubbio che sono una donna ottimista sempre pronta a cercare il bello. È certo che sono pacifica e contro ogni forma di violenza. Perché può anche darsi che questa vis polemica sfoci un domani in una brillante carriera politica. Che tanta pervicace ostinazione spalanchi le porte del mondo del lavoro. Che tale reiterata protervia renda la vita meno faticosa. Ma oggi, tra un figlio adolescente, una figlia preadolescente e una piccola che vien su per imitazione dei fratelli, nonostante lo spirito di Gandhi mi cammini accanto, sto rivalutando percorsi pedagogici alternativi.
Tipo l’abbandono di minore.