Aspettare col cellulare appoggiato sul tavolo, in trepidante attesa. Controllare di avere inserito la suoneria, che sia abbastanza alta da essere udita. Fissare lo schermo per esser certi che la connessione sia buona. Non recarsi in luoghi con meno di due tacche per segnale. Chiamarsi dal telefono fisso di casa per verificare che tutto funzioni. Messaggiare sul gruppo whatsapp del terzo turno campeggio per sincerarsi di non avere sbagliato giorno. Rispondere in fretta e furia a chiunque, per lasciare libera la linea neanche si aspettasse la richiesta di riscatto da parte dei rapitori. Come una quindicenne che aspetta invano la telefonata del suo innamorato. Cosa che è anche capitata nel mio passato, quando aspettavo lo squillo del telefono – di casa- e magari il ragazzo in questione veniva risucchiato da un buco nero, gli amici o la biondina del terzo banco. Che poi ringrazio di non avere avuto a disposizione allora tutta questa tecnologia. Intanto, conoscendo i miei, è probabile che avrei avuto un cellulare di una sconosciuta marca orientale con appiccicato sopra l’adesivo della Apple, come quando mia madre cucì il marchio Levi’s su un qualunque paio di jeans. E poi l’ansia di whatsapp, Facebook, like, seguaci e compagnia bella. Meglio così. L’altra sera ho quindi aspettato con pazienza finché il cellulare si è messo a suonare e vibrare, ché la prudenza non è mai troppa, e dall’altra parte ho sentito finalmente la voce del mio primogenito.
I campeggiatori hanno diritto a una sola telefonata ai propri cari, della durata media di tre minuti e quarantotto secondi. Tanta rapidità è motivata dal fatto che sono oltre sessantacinque i baldi giovani che devono salutare la famiglia rimasta a casa.
“Mamma, sono io!”
“Amore che bello sentirti! Come stai? Tutto bene? Mangi? Dormi? Hai abbastanza vestiti? Ti diverti? Sei felice? Mi.. Ci manchi tantissimo, sai??”
“Tutto ok. Le mie sorelle ci sono?”
“Ehm.. cosa? Vuoi parlare con le tue sorelle? Sei sicuro? La mezzana che non saluti neanche quando vi incrociate a scuola e la piccola che prendi in giro a tempo pieno?”
“Sì, loro”
“Ah, va bene. Te le passo, se insisti”
“Insisto”
E così le sorelle hanno consumato gli ultimi preziosi istanti di conversazione, e la piccola mi ha porto un telefono ormai muto.
“Ma cosa vi siete detti? Come sta?”
“Boh! Tutto ok, mamma”
Ecco, non saprò altro fino al suo ritorno. Ma in fondo tutto ok non è poi così male.
Anch’io ho sviluppato un confronto tra l’Italia di ieri e l’Italia di oggi in questo mio post: https://wwayne.wordpress.com/2014/10/22/poveri-ma-felici/. Le mie considerazioni ti trovano d’accordo?
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Non so se prima si stava meglio. Sono convinta che non sia mai lo strumento-internet, Facebook, whatsapp o social vari- ad essere sbagliato in sé. È l’uso che se ne fa a fare la differenza. Io, che qui tratto per lo più temi di educazione e genitorialità, rifletto sul fatto che i nostri genitori hanno fatto, forse, qualche fatica in meno. Se non altro c’era un solo mondo di cui occuparsi e pre-occuparsi. Oggi oltre a quello c’è il mondo del virtuale, tanto potente quanto difficile da presidiare. Anche qui credo che l’unica chiave possibile sia l’educazione al buon uso, al buon senso. Un po’ come stiamo facendo noi adesso, scambiandoci opinioni da un IPhone 😉
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La riflessione su cosa sia sbagliato, se il mezzo o l’uso che se ne fa, è certamente un tema caldo quando si parla di Internet e social. Su Internet posso essere d’accordo con te, sui social meno: essi infatti, per la gran mole di informazioni personali che offrono in pasto a chiunque, sono intrinsecamente pericolosi, al di là dell’uso che il singolo utente ne fa. Certo, l’utente può limitare al minimo le informazioni personali, privatizzare il profilo eccetera, ma un buon hacker può ugualmente scoprire la sua vita dalla A alla Z, se ha fatto l’errore madornale di iscriversi ad un social network.
Inoltre, i social hanno anche peggiorato le amicizie. Questo perché molti pensano che basta mettere un commento o addirittura un semplice like ad un post di un tuo amico per tenere in vita il vostro rapporto. Non è assolutamente così: la vera amicizia è fatta di frequentazione, di confidenze, di mille piccole e grandi cose che con le vuote ritualità dei social non hanno niente a che vedere. Insomma, per me dai social è meglio starne lontano, e soprattutto è meglio tenerli lontani dai nostri figli.
Colgo l’occasione per consigliarti questo splendido film: https://wwayne.wordpress.com/2013/12/09/un-successo-meritato/. Vederlo mi ha reso una persona migliore. Grazie mille per la piacevole chiacchierata! 🙂
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Un discorso lungo e complesso. Difficile rispondere in poche righe e soprattutto difficile farlo da una tastiera 😉
Grazie a te per il confronto e per la segnalazione del film, che andrò senz’altro a cercare!
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