Otto tonde del mattino, sul piazzale della stazione. Un freddo inaspettato, nonostante la stagione. Ad aspettare il treno alcune classi delle medie, esattamente due seconde, più precisamente quella del mio primogenito.
Ragazzi e ragazze sono divisi a gruppetti, secondo un rigido criterio di genere: maschi da una parte, femmine dall’altra.
Quando Elio cantava “festa delle medie”, più che una canzone ci regalava un saggio antropologico sui dodicenni, a ben pensarci.
I maschi sono un mucchio disordinato, dal quale spuntano le teste dei più alti. Hanno tutti il cellulare in mano e se lo mostrano l’un l’altro, confrontando misure e applicazioni.
Quasi tutti hanno il cappello, portato sulla sommità del capo e che lascia scoperta la fronte. Un paio di ragazzini sono senza giacca, perché altrimenti non si vede la felpa nuova, uno di loro è in calzoncini, come se si stesse imbarcando sul traghetto per Alghero al mese di agosto.
Le femmine sono più composte, in piccoli cerchi ordinati. Sono vestite quasi tutte nello stesso modo, tanto da far pensare a una ordinanza del sindaco che imponga pantaloni neri aderenti, scarpe da tennis alte e capelli sciolti a tutte le minori di anni quindici. Ridono tutte, con la mano sulla bocca. Una di loro si trucca furtivamente, un’altra nasconde sciarpa e cappello nello zainetto non appena la madre si allontana.
Sono euforici ed elettrici, mentre i loro insegnanti li osservano da lontano con pazienza, contandoli per vedere che ci siano tutti.
Alcune madri aspettano chiacchierando, qualcuna velocemente scappa al lavoro, un’altra è preoccupata per il figlio che non sta tanto bene ma non vuole rinunciare alla gita.
Arriva il treno ed è ora di andare, un saluto rapido e quasi formale, ché a questa età non è socialmente accettabile scambiarsi effusioni in pubblico con la propria madre, pure se la sera prima sei stato accoccolato con lei sul divano a farti grattare la schiena.
Tutti vanno di corsa, mentre uno torna indietro pallido e tirato, perché come diceva la sua mamma, non stava proprio bene.
Sarà per la prossima gita.
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Per me questa “tutti in gita” è perfetta come inizio. Io che provengo dalle tue letture quotidiane su Facebook ed ora qui nel tuo blog. Si perché la considero anche la tua gita, il tuo inizio di un lungo viaggio dove non sai neanche tu dove ti porterà ma saprai che nel tuo cammino incontrerai tanta gente che inizieranno a intraprendere il viaggio con te
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Non l’avevo pensata in questi termini, però hai ragione Renato: è l’inizio di un viaggio, che spero ci diverta tutti proprio come una gita scolastica!
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Che bello trovarci qui, cara. Una location diversa dal solito bar x il caffè veloce di qualche mattina. Un abbraccio.
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Amica mia grazie! Ma non rinunciamo ai nostri caffè, ci tengo troppo.
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