
C’è stato un tempo in cui sapevo tutto.
Ero a conoscenza di ogni piega delle loro vite, ogni anfratto delle esperienze che facevano.
Ero preparata -quasi sempre- sull’espletamento delle funzioni fisiologiche, un po’ per piacere “Mami, fammi compagnia in bagno, siediti qui di fianco al water”, un po’ per dovere “signora, com’era l’ultima cacca? Molle, dura, così e così?”
Quando il pediatra me lo domandava vagavo alla ricerca di informazioni, mi ha detto che ha mal di pancia, no è la piccola, ah sì ha vomitato, no quello è il gatto.
Sapevo chi erano i loro amici del cuore, i best friend forever, che in classe Gianmaria Bertonotti si metteva le dita nel naso, Chantal Guzzieddu aveva l’alito puzzolente, Giorgio Cicerchio dava mazzate a tutti.
Che la maestra aveva cambiato profumo e iPhone, che il maestro di musica aveva detto una parolaccia perché i bambini suonavano il flauto ognuno come gli pareva.
Sapevo che le zucchine della mensa facevano schifo ma andavano glorificate le lasagne, che a merenda eri popolare se portavi le pringles nel tubo grande e le barattavi con altre leccornie.
Oggi il primogenito mi ha detto che il professore di matematica ha comunicato loro che il compagno rumeno se ne va, e nell’ordine ignoravo l’esistenza di un compagno dell’est e ero convinta che avessero una professoressa, di matematica.
La mezzana s’è divorata un cartoccio di castagne, mai mangiate in vita sua ma che lei sostiene le piacciano da anni.
Meno male che la piccola mi invita ancora a farle compagnia in bagno, di tanto in tanto.