“Amo’, che tempo da lupi mannaggia. Annamo, va”
L’amato viterbese ha aperto così l’ultima giornata in questo arcipelago nel mezzo del niente.
Nelle pause dalla pioggia abbiamo visitato il ridente paesino di Nurfjord, dove ho imparato che Hitchcock aveva ragione sui gabbiani e essere scivolata lunga e distesa sulle loro deiezioni.
Nella ridente cittadina di Hamnøy ho scoperto che i bambini qui si guadagnano da vivere tagliando le lingue dei merluzzi, con stipendi mediamente più alti del mio. Per l’alternanza scuola lavoro del primogenito sono a posto.
Nel pomeriggio siamo giunti a Å, che si legge O, ultima lettera dell’alfabeto norvegese e paese prima del nulla.
Tra un rorbu e l’altro, le tipiche abitazioni rosse a palafitta dei fiordi, ho conferma che l’attività più in voga in queste isole è la pesca e l’essicazione del merluzzo, che abbiamo mangiato fritto, lessato, nella zuppa e probabilmente anche nel cappuccino.
Domattina prima dell’alba traghetteremo con la nostra auto nella pancia di una grande nave, che ci riporterà sulla terraferma, dove continua il nostro viaggio.