
Il primogenito avrebbe trasferito la residenza al campetto, dove trascorre buona parte della sua estate, felice tra due canestri.
La fine della scuola sarebbe stata celebrata con tutti i fasti, la sobrietà del compleanno della regina Elisabetta, l’eleganza delle feste nel castello del Boss delle cerimonie.
E invece, un ciao a telecamera e microfono aperti, un clic e via, il computer chiuso e le braccia alzate al cielo. Un grosso sospiro e subito una partita alla play station.
Nessuna ansia per i risultati sui tabelloni, niente pizzata coi compagni, nessuna materia da riparare a settembre.
E’ finita senza la campanella, il vociare scomposto, l’orda di ragazzini e ragazzine fuori da un cancello. Non c’è traccia neanche della disperazione materna, nessuno che si chieda e ora, che farò?
In questi mesi abbiamo fatto di pandemia virtù, sdoganato ore davanti a computer e cellulari da sempre contingentati a pochi momenti giornalieri, assistito inermi alle interrogazioni dei figli, non suggerendo le risposte solo perché non le conoscevamo neanche noi.
Abbiamo puntato una sveglia per ogni figlio per seguire un bizzarro calendario di lezioni, recuperato tablet e supporti tecnologici come un importatore abusivo dalla Cina, riconnesso wi fi, nozioni e relazioni.
Abbiamo imparato di avere bisogno dei maestri, che la distanza è superabile ma non per sempre, che nessun insegnamento sopravvive se non c’è qualcuno che ce lo racconta.
I ragazzi si sono diplomati hacker professionisti, cintura nera di esperti in truffe informatiche, che da una parte meraviglia e dall’altra atterrisce.
La scuola è finita e il computer è spento, settembre sembra lontano ma non lo è, le vacanze sono iniziate ma con meno slancio.
Buona estate, che per il calendario scolastico, l’unico a cui molti di noi fanno riferimento, comincia oggi.