Un educatore che si copre la bocca ma non i sorrisi, che ha imparato a usare lo sguardo per dire sì, no, non si fa, ti capisco, adesso basta, va bene parliamone.
Un educatore che non abbraccia, non tocca, non dà pacche sulla spalla né scapellotti sul coppino.
Un educatore che non si può sedere accanto e che spesso si vede attraverso uno schermo.
Un educatore che s’è visto togliere gli strumenti relazionali di sempre e se ne è reinventati di nuovi, una canzone su Skype, un libro letto da Instagram, una confidenza in videochiamata su whatsapp.
Un educatore che si siede a mangiare insieme ma seduto a un altro tavolo.
La vicinanza, il corpo, la prossimità anche fisica ora sono la Kriptonite per Superman, ci allontaniamo d’istinto, quando l’istinto sarebbe di stare vicino.
Ci copriamo la bocca, ma non fermiamo le parole, le sgridate, i pipponi educativi a noi tanto cari, le risate, gli sbuffi.
Sono un educatore con la mascherina e forse un po’ anche il mantello, alla ricerca di un super potere nuovo, di una pedagogia più forte della kriptonite, di un sorriso che spunti dalle orecchie, quando non lo si può vedere sulle labbra.