Prendo mascherina, guanti, sacchetti, disinfettante, saluto tutti come se partissi per il fronte russo.
A metà strada torno indietro, ho dimenticato la lista.
Ritorno al supermercato, scorgo in lontananza la coda di carrelli, parcheggio e corro a prendere posto.
Il carrello ha le ruote storte, investirò più di una persona durante il mio giro tra le corsie, ma non posso rischiare di perdere la posizione guadagnata e ritornare alla casella del via.
Finalmente in coda, ascolto la solita signora -statisticamente ce n’è una in ogni fila- che dichiara “moriremo tutti, governo ladro” e tu vorresti dirle che se è tanto certa della fine potrebbe magari lasciarti il suo posto, visto che è a un passo dall’ingresso.
Il via libera dall’incaricato, la febbre che anche oggi fortunatamente non hai -e che dopo un’ora di coda sotto al sole col carrello che fa da riverbero pensi sempre di avere.
Ancora guanti, ancora disinfettante.
Al reparto frutta e verdura un anziano signore arringa un gruppo di discepoli descrivendo come aprire i sacchetti bio con due strati di guanti sulle mani, guadagnandosi un applauso e imperitura gratitudine.
Il pane, il latte, gli yogurt che la piccola sennò la mattina chi la sente, la carne, dai che stai andando bene, finché alla corsia dei biscotti ti accorgi di avere perso la lista della spesa e prenderesti a testate il banco dei surgelati per la rabbia.
Ma tu sei una donna forte, al liceo ti hanno fatto studiare la prima egloga di Virgilio in metrica a memoria e ancora te la ricordi, ce la puoi fare, ti dici motivante.
Prosegui decisa, affronti il cassiere, i sacchetti che non si aprono, il bancomat che scivola perché hai ancora il doppio guanto.
Carichi come un facchino in hotel la tua spesa in macchina, con uno sguardo pietoso verso chi è in fondo alla fila, ti asciughi il sudore e finalmente torni a casa, trionfante.
“Mamma, ti sei ricordata i biscotti, vero?”
No.