Ora, ho un problema con le sfide: le perdo. Non sono competitiva, mi prende la tachicardia e l’ansia da prestazione e alla fine vince sempre la sindrome dell’impostore. Gli altri credono che tu sappia fare qualcosa ma tu sai che non è vero.
In questo preciso momento poi fatico molto a definirmi benedetta, vuoi per la convivenza forzata sine die, vuoi per l’isteria che ormai regna sovrana -chi ha finito le gocciole? Ho detto chi ha finito le gocciole??? Il responsabile si presenti e non gli accadrà niente- vuoi per la pazienza esaurita a febbraio e che Amazon non consegna più.
Vuoi che i principi educativi ai tempi del Coronavirus abitano maglie più larghe -ho detto dieci ore di cellulare, non un minuto di più!- vuoi che per trovare una stanza solo per me devo prenotare tre settimane prima e poi recensirla su Tripadvisor.
Quindi vi proporrei l’istantanea di questo momento, per rendere appieno l’idea della grazia che è scesa su di me, madre.
Il primogenito coi pantaloni del pigiama di Natale partecipa a una gara di rutti con gli amici su Zoom.
La mezzana insegue la piccola con una pinzetta per le sopracciglia, al grido di “io ti salverò dal mono ciglio”, la piccola scappa seguita a ruota dal gatto che si ferma giusto in tempo per vomitare sulle scale.
La sfida per la santità è tutta in discesa, ormai, quella per la sanità mentale è persa.