“Aspetta ancora un momento, per favore”
“Mami, dai, non farla tanto lunga”
“Sigg, sob. Almeno lascia che ti faccia una foto”
“Mami, basta! Non hai fatto tutte queste storie per i miei fratelli”
“Certo, perché dopo avevo te”
In un caldo pomeriggio d’agosto, invece di andare in piscina o a fare un giro in bici, le sorelle si sono chiuse nella loro stanza con dei grossi sacchi per fare piazza pulita di un bel pezzo dell’infanzia.
La casa di Barbie, che tanti santi mi aveva fatto invocare quella mattina di Natale di un po’ di anni fa, nel tentativo di mettere insieme ascensore e piscina.
L’adorata volpina di peluche insieme alla collezione completa di cagnolini, i vestiti delle Barbie e le loro maledette scarpe che ti si infilzavano senza pietà sotto i piedi nudi.
Il libro del pesce multicolore e quello del coniglietto disperato perché la sua mamma doveva andare a lavorare, letti fino a consumare le spesse pagine di cartoncino e le corde vocali della mamma.
“Mami, sorridi, sto solo diventando grande”
Fai pure, se devi.
Ma tanto ti chiamerai per sempre piccola.