A casa mia.
Mancano sempre gli ombrelli. Rotti, perduti, mai comprati.
Abbiamo però tanti capelli colorati, che rimangono sull’appendi abiti anche a ferragosto, ché l’ordine non abita con noi.
Abbiamo frasi buffe e filosofiche attaccate alla bacheca in cucina, insieme ai magneti delle vacanze che la piccola ordina con maniacale metodicità.
Non abbiamo bibite gasate da offrire ma chili di pasta al pesto e lasagne per ospiti più o meno attesi, invitati o imbucati poco importa.
Abbiamo una Wii polverosa abbandonata di fianco alla televisione, con la quale non gioca quasi mai nessuno.
Non abbiamo grandi pretese ma un discreto numero di sogni, che non teniamo nei cassetti perché sono pieni di caricabatterie che non servono più a nessuno.
Abbiamo tante, troppe sporte della spesa che dimentichiamo a casa con metodo e costanza, acquistandone poi altre in circolo vizioso che sembra non avere fine.
Abbiamo scorte di gocciole in offerta che ci salveranno in caso di conflitto mondiale, nascoste nello sgabuzzino che la piccola vorrebbe destinare a stanza per la sorella.
Abbiamo entusiasmi e depressioni, altalene emotive che neanche sulle montagne russe più alte in Giappone, livelli di isteria collettiva transitori quanto perniciosi.
Abbiamo un campanello che suona spesso, dei telefoni dimenticati in carica sul divano, calzini spaiati sotto la poltrona, panni da stirare nascosti, fiducia, stupidere, due gatti e tanta, tanta allegria.
Abbiamo zavorre e ali, bollette da pagare e lavatrici da stendere.
In centoventi metri quadri ce ne sta, di vita.