Parcheggio del supermercato, tardo pomeriggio.
Pantaloni a mezza gamba da giocatore di pallacanestro di otto taglie in più.
Calzettoni al ginocchio per quello strano karma che gli fa indossare i fantasmini con la neve e le tubolari ad agosto.
Maglietta di marca, occhiali tamarri presi probabilmente in spiaggia durante la gita con l’oratorio, stesso inquietante taglio di capelli.
Camminano accanto al ritmo della musica -se così si può definire- che esce dalla cassa tra le mani uno dei due giovani.
All’improvviso, l’incontro con un loro simile.
“Uehhhhhhh! Grande”
“Minchia Bro”
“Minchia fra”
“Campione”
“Grandissimo”
“Dottore”
“Tutto bene fra? Sempre hype, come butta?”
“Bene, bella lì, ne ho presi solo tre”
“Di che?”
“Debiti a settembre, no? Bella frate, adesso vado che mia madre mi aspetta dentro e devo aiutarla perché è già abbastanza incazzosa e mi conviene fare il bravo”
“Bella bro, ci si becca”
“Ma fra, chi minchia era?”
“Boh, andiamo, che cringe”
Non serve viaggiare per scoprire mondo e lingue sconosciute. Basta il parcheggio del supermercato.
Nota del traduttore per i meno avvezzi al linguaggio “gggiovane”
Hype=atteso
Cringe= imbarazzo