Preparate i palloncini, mettete i cappellini, suonate le trombette.
Tutti in fila per il trenino, ché è tempo di festeggiamenti importanti.
Finalmente, è finita.
La sveglia ha suonato alle sei per duecento giorni più o meno, qualche volta prima per le gite scolastiche, qualche altra un po’ dopo per manifesta stanchezza e dimostrata negligenza.
Per duecento mattine ho svegliato dormienti, scaldato tazze di latte, cercato calzini e quaderni scomparsi, urlato per il caos e il pressappochismo, per i letti sfatti e i pigiami lasciati in giro.
Per un centinaio di giorni ho chiesto il diario che nell’ordine è stato perso, dimenticato a scuola, mangiato dal gatto.
Ho parlato con un numero tendente a infinito di insegnanti, dalle elementari al liceo.
Ho letto millemila messaggi nelle chat ‘quinta a’ ‘terza g’ ‘gruppo catechismo’ ‘gruppo regalo catechista’ ‘gruppo gita roma’ ‘gruppo basket’ ‘gruppo pallavolo’ ‘gruppo ginnastica’ ‘gruppo regali alle rappresentanti’ ‘gruppo abbraccio alle terze’
Ho controllato il registro elettronico più spesso di quanto avrei dovuto, sempre con l’ansia di trovarci un brutto voto.
Per un numero imprecisato di volte, ma tante da far concorrenza a Uber, ho accompagnato qualcuno da qualche parte. Il catechismo al venerdì e alla domenica sera, gli allenamenti di pallavolo, pallacanestro e ginnastica artistica due volte la settimana moltiplicate per tre col resto di due.
Ho trascorso serate ad ascoltare la storia di Carlo Magno, la pesca di salmoni in Canada, la divisione a due cifre e i suoi misteri.
Ho preparato merende, comprato penne cancellabili, mine hb che non andavano mai bene, raccolto pigne per il lavoretto di Natale.
Oggi finisce la scuola e io festeggio il mio personalissimo capodanno, sposto le lancette della sveglia avanti di un’ora e mezza, sul fuso orario estivo.
È finita, anche quest’anno.