La mezzana sta in casa, da sola per il breve periodo degli accompagnamenti dei fratelli, chiusa a chiave a doppia mandata. Sulle orecchie le enormi cuffie rubate al primogenito con la musica a tutto volume. Sua madre si fa sanguinare le nocche a furia di bussare alla porta nella vana impresa di riuscire a entrare.
La piccola millanta imprese da imprenditrice perché smercia merende durante l’intervallo a scuola. Il business è semplice ma geniale. Lei estrae dalla cartella una merenda molto ambita e la cede, divisa in parti, in cambio si schifezze d’ogni genere e sorta.
Il primogenito accetta inviti per vedere partite, mangiare fuori, andare alla festa di una scuola che non è nemmeno la sua. Ormai anche il gatto ha compreso il significato dell’originalissima “questa casa non è un albergo” (la risposta una volta è stata ‘beh certo, sarebbe più pulita’)
In mezzo a questo, io riprendo la macchina nel parcheggio del supermercato, sbuffo nel togliere dei volantini dal parabrezza -ma quando ce li hanno messi- mi infurio quando scopro una gigantesca ammaccatura sul paraurti, mi accorgo che la macchina non si apre perché non è la mia.
A chi importa del venerdì diciassette, quando la quotidianità è tutto questo carnevale di Rio.