Io sono Mother, mamma, mami.
Sono quella che ogni mattina che il Signore manda i terra dice buongiorno, ricevendo in cambio grugniti assonnati, e che ogni sera dà la buonanotte con una filastrocca buffa inventata anni orsono è che ormai è diventata un vizio, come il fumo o lo shopping compulsivo, come un mantra da non dimenticare.
Sono quella che guarda tutorial su internet per imparare a fare le polpette buone, la pizza alta, la torta soffice, e che poi compra i quattro salti in padella per fare prima o perché qualcosa è bruciato.
Sono quella che proibisce, redarguisce, vigila e osserva, e che a volte chiude un occhio o anche due perché va bene così, o forse sei troppo stanca per mantenere la coerenza e loro, i figli, lo sanno e ne approfittano.
Sono quella che massaggia schiene, spazzola nodi, asciuga lacrime. Che ripassa il teorema di Pitagora di nascosto per aiutare una figlia nei compiti, e fa le equivalenze online perché non si ricorda più da che parte si comincia.
Sono quella che dà consigli non richiesti, tiene comizi noiosi che nessuno ascolta, educa con quello che c’è in casa come quando vuoi fare la torta ma non hai il burro e le uova sono scadute ma tu cambi la ricetta, ché magari viene buona lo stesso.
Sono quella che insegna e impara, sussurra dolcemente e urla come un’erinni, comprensiva e paziente un momento e sfuggente e impaziente quello dopo.
Sono Mother, mamma, mami e chissà quante altre declinazioni di me si inventeranno, e lo sono in modo tragicamente imperfetto, fortunatamente unico.
Oggi festeggio questa alternanza, la mia ambivalenza, la nostra fatica, la felicità delle piccole cose.