Ho camminato in un bosco col mio compagno di avventure preferito in una domenica mattina colorata d’estate.
Ho tirato via il maglione, legandolo storto in vita.
Le braccia spuntavano bianchissime dalla maglietta nera, ché sono state al buio per tanti mesi.
Ho visto un film che faceva ridere ma di un riso amaro, cenato al giapponese e cominciato a leggere un bellissimo libro.
Il primogenito, accompagnato da un gruppo di adulti coscienziosi e saggi che non smetterò di ringraziare, ha passato la serata a Milano, distribuendo pasti caldi ai senza tetto. Gli si è seduto accanto, ha ascoltato le loro storie, ha fatto riflessioni da grande che mi hanno regalato un soffio di sollievo dalle preoccupazioni per la sua crescita.
La squadra della mezzana s’e giocata la finale di campionato contro sei ragazzine di nero vestite, con un tifo agguerritissimo e delle scritte inquietanti sulle magliette: cobra, killer, psyco e diablo. Praticamente Biancaneve versus Crudelia Demon.
La piccola ha rovesciato il cassetto dell’armadio alla ricerca di un paio di pantaloncini da indossare per andare a mangiare il gelato, ché anche l’abito fa il monaco quando si parla di primavera.
La felicità si declina come l’aoristo nel greco antico: in tanti modi doversi.