È partita di mattino presto, carica di speranze e del pranzo al sacco, dove sacco sta a indicare quello da venticinque chili di cemento.
Più che una bambina, un autogrill.
È scesa dal treno nel tardo pomeriggio, spettinata come dopo una cavalcata e con lo sguardo spiritato.
“Mami, una signora ci ha trattato male sul treno”
“Bentornata, piccola, che è successo?”
“Quando ci siamo alzati per scendere ha detto ‘meno male che ve ne andate’ e io ho risposto ‘altrettanto a lei’ non sai la rabbia che mi è salita”
“Beh, sicuramente non è stata gentile ma posso immaginare il casino di due quinte elementari in tre scompartimenti”
“Ma noi siamo bambini! Stavamo solo vivendo”
“Vivendo con una gran caciara, presumo”
“Vabbè, comunque la gita è andata bene e mi sono divertita tantissimo. Abbiamo visto anche un sottomarino. A Milano, pensa un po’. Poi al laboratorio cercavano un volontario per il microscopio e io mi sono offerta, solo che poi il signore ha detto che serviva un prelievo e io allora ho cambiato idea, ma poi ha detto che non era come quello del sangue perché gli serviva solo un po’ di saliva. Allora ne ho prodotta in abbondanza”
“E poi hai visto la tua saliva al microscopio?”
“Sì, l’hanno vista tutti quanti. Faceva le bolle. Poi abbiamo unito delle sostanze di colori diversi che invece che sciogliersi si sono separate. Bello. E poi ho comprato regalini per tutti, vedrai”
“Hai avanzato soldi?”
“No”
“Cibo?”
“Neanche”
La piccola ha trascorso la giornata in gita con la scuola, al Museo della scienza e della tecnica.
Scienza della polemica e tecnica dell’abbuffata, direi.