“Atterrato, Mother. Ho fame”
“Mamma, arriviamo tra quindici minuti. Sono triste perché non volevo tornare. Ah, devo mangiare”
Sono arrivati a tarda sera, ben oltre la consueta ora di cena e carichi di panni sporchi, valige chiuse a malapena e tante storie da raccontare.
In pochi minuti di ascolto ho scoperto che in Svezia fa molto freddo ma alla Coop vendono la nutella, che la squadra dei grandi ha fatto scherzi perfidi a quella dei più piccoli, che ci si diverte un mondo col gioco “la mano del Signore” che ha poco a che fare con l’Altissimo, trattandosi di uno strizzamento casuale di parti intime maschili che genera incontenibile ilarità. (e probabilmente anche sterilità, ma questa è un’altra storia)
Ho saputo che stare al mare d’inverno è bellissimo, che il cellulare è stato spento per tre giorni perché “bisogna vivere le emozioni senza il filtro di Instagram, mamma” che tra i calzettoni sono finiti i resti di un panino al salame e che stare con le amiche vicino, anche in silenzio, fa tanto bene al cuore.
Il tutto tra un boccone di spaghetti al pesto e l’altro, mentre la piccola appollaiata sullo sgabello giallo della cucina allungava la forchetta per rubare un po’ di pastasciutta dei fratelli ritornati.
Ci sono stati abbracci e disordine, parole e sbadigli, è passata la mezzanotte e s’è fatto silenzio.
Se non ci fossero tutti quei panni da lavare potrei dire di essere proprio felice.