C’è una giornata in ospedale col grande, un’ora dopo l’altra a tenersi compagnia e a scoprire che, tolti i vestiti griffati da adolescente inquieto esiste ancora il bambino di cui ho confusa memoria.
C’è un nido di calabroni nella canna fumaria del camino di casa, e rimuoverlo costa esattamente come gli stivaletti che avevo adocchiato in vetrina.
C’è il lavoro che somiglia molto a quello che faccio a casa e allora non sai più se sei sempre a casa o lavori senza smettere mai.
C’è il pilota automatico che a volte non si ricorda più nemmeno che giorno è, figuriamoci la strada da prendere.
C’è l’incontro con Laura, un’anima bella accompagnata dai suoi due piccoli elfi gemelli di diciotto mesi, che sorride a una vita complicata e che se la serendipità esiste dovevo per forza incontrare.
C’è la piccola che ha in odio le equivalenze e il passato di verdure, ed è tormentata da brutti pensieri che le adombrano quel facciamo di solito gioioso.
C’è che all’orizzonte si profila la festa di compleanno già più volte rimandata della mezzana e il cambio degli armadi, attività che mi portano il buon umore come quando in casa non ho il caffè per la colazione.
C’è la voglia di leggerezza e il desiderio di profondità, che poi non mi posso mica lamentare se non so nemmeno io che cosa voglio.
C’è che come la metti la metti, qui c’è sempre un sacco da fare.