Ore 13.30
“Ciao amore, bentornata! Come è andata oggi a scuola?”
“Uh, bene”
“Cosa avete fatto di bello?”
“Oh, niente”
“Cinque ore di niente, capisco. E com’era la mensa?”
“Ah, buona”
“Beccata! Tu non mi ascolti e dai risposte a caso! Uno: la mensa non è ancora cominciata. Due: non ti è mai piaciuta, e ci mangi da sette anni! Perché non mi racconti mai nulla?”
“Mami, sono stanca. Cioè, non puoi capire, devo stare attenta cinque ore, ascoltare quello che dice la maestra, restare sveglia, fare la merenda, andare in bagno sperando che quella prima non ha fatto schifezze perché è sempre tutto sporco. A casa ho bisogno di silenzio e delle mie Barbie, senza offesa. Ma tu chiedi pure, se ti fa piacere”
Ore 22.30
“E poi ha spiegato le divisioni, non quelle a due cifre perché stavamo solo ripassando. Ho colorato la copertina del quaderno ma non ho ancora finito, te la faccio vedere se vuoi, poi c’era l’intervallo e la merenda non è servita perché c’era il compleanno della mia compagna e ha portato torte e patatine. Poi ci dobbiamo ricordare di portare le scarpe per motoria e la risma di carta, il resto è a posto. Poi ho prestato un refil blu a un mio compagno. Sul pulmino, invece…”
“Piccola basta, è ora di dormire”
“Ma come? Sei tu che volevi sapere come era andata la mia giornata! Non chiedere se non vuoi sapere”
Chiedete e vi sarà detto.
Con un fuso orario diverso, ma pazienza.