Ha la faccia abbronzata e il segno della maglietta tatuato sulle braccia.
Il labbro inferiore così gonfio che sembra essere andato in un low cost di chirurgia plastica dell’est Europa anziché in Valfurva.
È più alto è più magro, nonostante racconti di grigliate luculliane.
Dopo un silenzio di qualche ora, per riabituarsi alla famiglia biologica e rimpiangere di aver lasciato la famiglia di amici, ha regalato un abbraccio e una serie di racconti a metà strada tra un libro di Stephen King e un saggio di Mauro Corona.
Ha varcato i tremila metri, visto trincee, camminato su un ghiacciaio inondato di luce. Ha fotografato montagne altissime e silenziose, conosciuto un uomo che ha scalato tutti gli ottomila che è riuscito a trovare, nonostante il gelo gli abbia compromesso per sempre un piede.
Un uomo che gli ha raccontato di non mollare mai, ma anche che la montagna è più forte e ha sempre ragione lei.
Ha cucinato, dalla pizza al pane, persino le ostie, ballato, corso in piena notte, pulito i bagni e lavato i piatti.
Ha camminato e giocato ai quoti, una complessa serie di sfide e penitenze alle quali gli adolescenti campeggiatori si sono sfidati con slancio, allegria e totale follia.
La formula è la seguente: ti sfido a fare qualcosa (solitamente di stupido), ti dico quanto sei quotato per farlo, se non lo fai c’è una penitenza.
Qualcuno ha dovuto fare flessioni nel gelido fiume che scorre dietro le tende, altri baciare chi non avrebbero baciato mai, il primogenito si è guadagnato solo di dover indossare gli scarponi da trekking per la serata elegante.
Ora la sfida si più faticosa.
Tornare a bassa quota e riprendere la quotidianità, le lezioni d’inglese, i compiti delle vacanze e le sorelle.
Altro che gli ottomila.