“Dai, allora, cosa facciamo oggi?”
“Mah, non so, ci sarebbe da stirare, c’è la lavatrice da fare, la camera delle bambine è un disastro…”
“Ma sei matta? Oggi non lavori e i bambini sono all’oratorio! E tu vuoi stare a casa a fare i mestieri?”
“Ma no, non è che voglio, ma ogni tanto si deve e allora…”
“Allora andiamo in piscina!”
“In piscina?”
“Ma si, dai! Quella bella piscina nel bosco, un po’ fighetta, ci portiamo un libro, la crema solare e zac! Riposo e abbronzatura! Sono un genio!”
“Beh, effettivamente è una bella tentazione, però, non so…”
“Come sarebbe non sai? E si può sapere dove vorresti andare?”
E così eccomi qua, in cima al Sacro Monte, dopo quattordici cappelle e non so quanti passi, con lo zainetto vecchio del primogenito dove ho buttato due pesche e un po’ d’acqua.
Nonostante gli assalti dei tafani, gli inseguimenti dei moschini, l’avvistamento di alcuni avvoltoi che han cominciato a volare in tondo sopra la preda, in un torrido pomeriggio di luglio, senza figli né impegni, sono salita quassù.
Sarà il contagio emotivo per il fidanzato pellegrino, sarà il mio lato penitente, sarà che faccio sempre fatica ad ascoltare il diavoletto tentatore.
Ma il panorama da quassù non ha paragone.