“Belle queste piantine, come sono profumate!”
“Piccolo, ti piacciono?”
“Sì, tanto”
“Si chiama basilico”
“Sì lo so, signora vicina”
“Ma sei bravissimo”
“Sì, la mamma me lo dice sempre, andiamo a rubare qualche foglia di basilico dalla signora vicina”
Sono un po’ le cose di cui mi vergogno.
Non vado fiera di aver acquistato e ascoltato le cassette di Gatto Panceri quando avevo sedici anni, preferisco non guardare le mie foto di qualche decennio fa con il caschetto e la frangetta bombata, tipo i funghetti malvagi di super Mario Bros. Non mi faccio un vanto nemmeno di una minigonna color salmone e di qualche fidanzato, ché se un domani la mezzana si dovesse presentare con qualcuno di simile la spedirei con un biglietto di sola andata per le carmelitane scalze.
Ricordo con sgomento l’attimo in cui la piccola, per non cadere, si è aggrappata ai miei pantaloni della tuta lasciandomi in mutande alla fermata dello scuolabus, di quando la mezzana ha raccontato alle maestre che la mamma passava le mattine al bar a bere o il grande ha informato il carabiniere al posto di blocco che “la mamma andava forte perché ha dimenticato mia sorella a casa”.
Ma da oggi la vera regina della vergogna, incoronata da un laurus di basilico, è la mia amica Alice.
Onore a te, sorella.