Un lungo messaggio whatsapp del primogenito, scritto in un italiano che avrebbe commosso Dante, un’incisività nei contenuti da inorgoglire Obama, un fervore nel convincimento da far impallidire Martin Luther King, per chiedere il permesso di andare il pomeriggio del sabato a vedere un rapper in giro per Milano.
La giovane star gira con una maschera antigas sulla faccia e una mazza da baseball fra le mani, e tra i suoi versi più famosi ricordiamo “robin hood deruba i ricchi/Malibù limone a spicchi/si fanno le storie con quaranta fighe/ma poi arrivo io quindi tu non ficchi/dentro al gioco/chiappe strette/amici rapper solo marchette”, roba da percuoterlo con la sua stessa mazza, altro che selfie davanti al Duomo.
La mezzana deve essere l’anima della festa, perché veleggia indisturbata tra una festa e una pizzata, dispensando pacchetti regalo e seminando per casa i vestiti provati prima e scartati poi. Strano che non sia stata invitata anche al royal wedding, o magari ha rifiutato lei, chissà.
La piccola fa i compiti di inglese e quelli di matematica, studia geografia, legge la biografia di una giovane e famosissima schermitrice avvalorando l’ipotesi complottista dello scambio di neonati in culla, ché altrimenti non si spiega tanta e tale differenza tra consanguinei.
Aspetta l’arrivo della sua amica S, per la prima volta a dormire da noi, ché si cresce anche passando da un pigiama condiviso, troppe chiacchiere sotto le coperte e una sveglia all’alba che mi assolverebbe davanti a qualunque giuria.
La domenica si va tutti insieme alla festa cittadina, imperdibile occasione per camminare per le vie del paese, mangiare salamella e patatine seduti su una panca davanti alla farmacia comunale e trovarsi soli e raminghi dopo che ‘mother, io sono al campetto, mamma vado in gelateria, mami ciao sto al parco giochi”.
Caro lunedì, eccomi. Sono pronta.