“E questo? Cos’è? Ti avevo detto che non potevi avere questa applicazione dove chiunque può scrivere in anonimo qualcosa su di te. È un gioco al massacro. Disinstalla immediatamente”
“Vabbè mamma, ma non la usavo mica…era lì tanto per fare”
“Scusa, perché sul tuo profilo Instagram c’è scritto che hai quattordici anni? Mi sono persa qualcosa?”
“No, è che Instagram chiuderà per i minori di quattordici anni, io scrivo che ce li ho e buonanotte, nessuno mi trova”
“Correggi subito quella data”
“Uffa”
“Scusa, ma da quando hai una password?”
“Mother, è la privacy”
“Avrai la privacy quando sarai in grado di comprarti un cellulare e ricaricarlo ogni mese con la tua carta di credito. Scegli. Via la password o via il telefono”
“Uffa, mother”
“E poi non se ne può più. Appena mi giro stai col telefono in mano”
“Ti sbagli, sto facendo una ricerca”
“Ah sì? Fammi un po’ vedere. Ma questo è google traduttore! Quale ricerca?”
“La ricerca del significato, no? Non ci capisco una mazza”
“Mami, qual è la password del wi-fi? Devo guardare i video di ginnastica di Nadia Comanenci”
“Giusto Mother, passa la password”
“Ah sì? Beh, è semplicissima. Il nome dei componenti della famiglia Bolkonskij, protagonisti di Guerra e Pace. Sono solo milleseicentotrentotto pagine, è sulla mensola a destra”
“Cosa?!?! No, dimmi che non l’hai fatto sul serio!”
“No, ma prima o poi succederà. Quando meno te lo aspetti”
Vigilare sul mondo virtuale dei figli sta diventando più impegnativo che presidiare quello reale.
Serve una mamma in più.