È sdraiata con tutti i suoi centosessantotto centimetri sul pavimento della sala e bisogna scavalcarla per poter passare. In sottofondo una voce femminile che potrebbe appartenere alla signorina Rottermeier dà il tempo ed esorta a essere performanti.
La serie di addominali della mezzana si arresta sulla metà, con la richiesta di un tè coi biscottini e la cancellazione della nuova app “in forma in trenta giorni”.
La piccola attacca figurine sull’album, guarda il mazzetto di figurine doppie, scambia figurine come un pusher il fumo a parco Sempione.
Una bambina costante, pure nelle ossessioni.
Il primogenito ha ripreso la scuola e le sue abitudini, come dimenticare l’abbonamento, leggere un libro in un giorno ché durante le vacanze aveva da fare ma stai tranqui, mother, che ci vuole?
Io ammiro il frigorifero nuovo appena arrivato, rigorosamente vuoto ché con quello che è costato non vorrai mica riempirlo.
Posseduta dal demone di Marie Kondo, la giapponese che tutto riordina, mi affanno in una giornata di pioggia a sistemare il sistemabile di una casa dove il caos regna incontrastato da secoli. L’annosa operazione ha portato al ritrovamento delle chiavi di scorta della mia vecchia Pegeout 307, una carta di credito scaduta nel duemila nove, delle fotografie che avrebbero meritato l’oblio.
Presa da questa molesta euforia mi sono cimentata anche nel cambio degli armadi, e da stamattina giro con camicette sbracciate verde acqua, perfette con l’abbronzatura, un gran freddo e maledico le mie idee malsane e il Giappone intero.
A eccezione del sushi, naturalmente.