È il mille novecento ottantasei.
Lei ha dodici anni, una testa di capelli ricci ed è a casa la sera da sola, per la prima volta.
I suoi genitori, tutto fuorché mondani, hanno pensato che fosse pronta per restare senza compagnia, lei li aveva ampiamente rassicurati che sarebbe stata benissimo, e ci aveva anche creduto, all’inizio.
I due l’avevano dunque salutata per andare a teatro, lasciandole il numero di telefono della biglietteria, ché all’epoca non c’erano smartphone, internet e chat di whatsapp.
Lei si era accomodata sul divano tranquilla e beata, probabilmente con un pacco di biscotti, fino a quando la fascinosa annunciatrice aveva appunto annunciato il film che stava per cominciare, vietato ai minori di quattordici anni. Lei, col biscotti di traverso e il buio fuori dalla finestra, aveva cominciato a sentire strani rumori per la casa.
Lei, coraggiosa come un coniglio e astuta come una faina, senza indugio aveva preso la cornetta e composto il numero che le avevano lasciato, raccontando a una indignata signorina di essere sola e spaventata, con un film inadatto alla sua età, il buio e i rumori.
I suoi genitori erano stati recuperati a spettacolo già iniziato, come narcotrafficanti pronti per l’estradizione.
È il duemila diciotto.
Lei ha dodici anni, una testa piena di capelli mossi ed è a casa da sola. È rientrata dall’allenamento di pallavolo e sa che il resto della sua famiglia tornerà a breve. La cena è sul tavolo e i gatti sul divano.
“Pronto, mamma, ma quando arrivate?”
“Ciao amore, sei a casa? Mezz’ora e siamo lì, la partita di tuo fratello è finita tardi e c’è un po’ di traffico”
“Ma fuori è buio, e sento dei rumori”
“Accendi la televisione che ti fa compagnia”
“L’ho accesa ma c’erano quei programmi brutti sulle persone scomparse che guarda mio fratello”
“Ti passo tua sorella?”
“Si, così facciamo una videochiamata e vedo dove siete e quanto vi manca, così sto più tranquilla”
“Eccomi qui, sorella mia! Tutto sotto controllo, adesso ci sono io. Sai com’è la mamma, che ti lascia a casa da sola”
Questa non è genitorialità.
Si chiama nemesi.