Ho trascinato i miei passi su quello che due milioni e mezzo di anni fa era un fondale marino, visto le tracce di coralli e conchiglie nelle colonne che ancora reggono un paese antichissimo.
Un paese che è riuscito ad avere primati in ogni ambito, con una parabola ascendente che l’ha traghettato da vergogna a vanto nell’arco di cinquanta anni.
Ho osservato una chiesa che sta a memoria di quello che tutti cerchiamo di evitare, la morte, e ne celebra la naturale democrazia e ineluttabilità.
Ho avuto i brividi nelle case scavate dentro la roccia, figlie di un’architettura irripetibile dove l’ingegno umano ha trovato soluzioni inimmaginabili.
Ho ascoltato un archeologo, che di mestiere fa la guida turistica e col talento di un comico di Zelig, raccontare la storia di un preistorico insediamento umano in una città dove tutto, dal nome alla simbologia rimanda a un unico e vitale elemento: l’acqua.
Ho scoperto che qui, tra un canyon e una collina sono stati trovati i resti completi di una balena.
Mi sono fatta accarezzare da un sole che sa di primavera inoltrata, sotto un cielo prima azzurro e poi appena velato.
Ho assaggiato la cicerchia, le fave e la cicoria, mangiato un pane buonissimo e sgranocchiato taralli su e giù da una scalinata.
Avere la possibilità di vedere il mondo è un privilegio, poter camminare nella storia un dono, farlo con chi ami è gioia pura.