Nel corso degli anni e dei molti colloqui ho conosciuto un numero imprecisato ma notevole di insegnanti, dalla scuola materna al liceo e posso dire, senza la presunzione di fornire un dato statistico, di aver individuato alcune precise categorie.
Eccole.
L’amico: di solito maschio, spesso molto giovane. Gli studenti possono trovare in lui ascolto, conforto, consiglio e aiuto. Per questioni didattiche e mali esistenziali, per la spiegazione di matematica al pomeriggio o per un tè caldo alla macchinetta a raccogliere i cocci di un cuore spezzato.
Di norma l’anarchia in classe regna sovrana, ma gli studenti se lo ricordano anche a quarant’anni.
Il cazzuto: ne ha viste così tante che non le racconta neanche più. Si capisce che è stato in trincea ed è sopravvissuto, e ora nulla può scalfirlo. Durante le sue lezioni non vola una mosca, i compiti vengono sempre eseguiti e la sua materia imparata come Dio comanda.
Mette terrore agli studenti e apprensione ai genitori, anche se segretamente invidiano il suo piglio sicuro.
Lo sfinito: insegna da un numero imprecisato di anni, molti dei quali da precario, gli mancano meno di cinque anni alla pensione.
Sopravvive pensando che deve tenere duro ancora un po’ e poi non avrà più a che fare con quelle facce brufolose alle quali non interessa un accidente dell’Iliade o l’Odissea, che segretamente odia egli stesso.
L’aggiornato: laureato da poco, master in disturbi dell’apprendimento, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, arte terapia e psicomotricità, ha una soluzione per tutto, anche per i problemi che non pensavi di avere.
Lo psicologo: tra una lezione sulla rete idrica lombarda e la produzione di barbabietola da zucchero in ogni regione d’Italia riesce a cogliere lo sguardo sperso di tua figlia. Lui lo attribuisce al male di vivere, tu alla barbabietola da zucchero.
L’impegnato: ha diciotto classi di una scuola di venti e un numero tendente a infinito di studenti. Non ricorda assolutamente chi sia tuo figlio e ha sviluppato il talento di parlare di tutto senza dire niente.
Il catastrofista: la scuola va male, i giovani di oggi hanno perso i valori, l’Italia fa schifo e l’unica soluzione per questi ragazzi è andare a Londra a fare i lavapiatti.
Il maestro: preparato nella sua materia, attento ai ragazzi e alle loro esigenze didattiche, emotive ed evolutive.
Ti racconta di tuo figlio come se lo conoscesse da sempre ed esci dal colloquio commossa, sentendoti meno sola.
Di solito viene trasferito l’anno seguente.
L’insegnante di educazione fisica/religione: nessuno va a parlare con lui, a parte durante i colloqui generali perché è quello con meno coda.
Sa che della sua materia importa a pochi, e sotto sotto è felice come una Pasqua di non dovere ascoltare noi, i terribili genitori.