Sul treno.
Il Kindle acceso su un bel libro, un finestrino poco pulito che lascia intravedere una giornata luminosa e azzurra. Persone che sonnecchiano, guardano il cellulare o chiacchierano.
Il suono di un telefono, il mio.
La faccia sorridente della mezzana sullo schermo, è passata da poco l’ora in cui esce da scuola.
Rispondo. Dall’altra parte un pianto convulso, singhiozzi, parole incomprensibili.
Panico. Paura.
Le deve essere successo qualcosa. La chiamo, non risponde e piange. Alzo la voce, le altre persone mi guardano. Lei continua a piangere e io penso come fare per scendere dal treno e tornare indietro. Forse sta male, o c’è qualcuno a casa? Tra un sospiro e un singhiozzo si comincia a capire qualche parola.
Piatto, lasagna.
“Lui…è successo ancora (pianto), è arrivato prima e si è mangiato (singulto) il piatto di lasagne che c’era nel forno…era mio”
“Ossignore, grazie. Stai bene? Mi hai fatto prendere uno spavento”
“No che non sto bene, ho fame e lui si è…”
“….mangiato la lasagna. Sì, ho capito ma stai tranquilla e smetti di piangere che in frigorifero ce n’è un altro piatto”
“No che non c’è”
“Sì, ti assicuro, l’ho messo io stamattina”
“Non c’è più perché quando ho aperto il frigo ero arrabbiata e per sbaglio ho fatto cadere il piatto, che è precipitato sulla ciotola del gatto e mio fratello mi ha preso in giro tutto il tempo”
“Non ci credo. Va bene ascolta, con te e tuo fratello faccio i conti appena arrivo a casa. Se guardi bene in frigo vedrai che c’è una teglia di lasagne, non morirai di fame”
“Davvero? Ah bene ciao ciao mamma”
E chiude la comunicazione.
Mi tremano le mani, ho la nausea e la tachicardia.
La gente riprende a chiacchierare appena alzo gli occhi dallo schermo.
La signora indiana avvolta in un coloratissimo sari, seduta di fronte, mi fissa compassionevole.
“Sai cosa si dice al mio paese? I figli sono i chiodi sulla nostra bara”
Mi sa che al suo paese hanno ragione.