La musica altissima, come la ascoltavo una volta in discoteca, così tanto tempo fa da sembrare la vita di un’altra.
Le urla di incitamento dell’istruttrice, biondissima valchiria col gluteo scolpito e l’addominale assassino, che riesce a coordinarsi, saltellare, correre senza versare una goccia di sudore nemmeno tra le lunghe ciglia finte.
Un gruppo di donne ricoperte di lycra fluorescente e qualche chilo di troppo, che volteggiano sgraziate nelle file dietro, mentre ai primi posti ci sono delle ragazze così perfette da chiedersi cosa ci facciano lì, se madre natura è già stata così generosa.
Un enorme specchio che non concede sconti e tantomeno pietà.
Nella sala accanto file di tapis roulant abilmente affiancati, che permetterebbero a chi ci corre sopra di parlarsi mentre corre senza una meta, se solo ne avesse il fiato.
Poco più in lá un gruppetto di uomini coi bicipiti larghi come le mie gomme da neve, intorno a un ragazzo sdraiato su una panca che cerca invano di sollevare qualcosa di pesantissimo.
Macchinari strani e cigolanti disseminati ovunque, tappetini colorati dove donne eroiche slanciano le gambe di qua e di là.
L’attività fisica è un impegno, necessita di costanza e forza d’animo.
Ci vuole motivazione, convinzione e fatica.
Perché mens sana in corpore sano, in fondo.
O almeno così si direbbe guardandoli dalle vetrate, mentre cammino pacifica verso il salone del parrucchiere.