Ha le guance arrossate, che colorano un po’ una pelle bianca come il suo nome.
I capelli arruffati nella coda di ieri, che per stanchezza ha dimenticato di sciogliere.
La voce roca da fumatrice incallita, buffa su quel facciano rotondo.
Giace sul divano circondata dai gatti, vicini per affetto o per il tepore che emana, rimane il dubbio.
Non ha appetito e questo è stato il primo sintomo a metterci sull’avviso, ché la fame è una sua fedele compagna.
Chiede un tè e non lo beve, uno yogurt e non lo assaggia, un cioccolatino e se lo mangia.
Ha il termometro accanto e registra la temperatura con frequenza ossessiva, casomai ci fossero variazioni significative e potesse quindi andare all’allenamento di ginnastica artistica.
Spalanca la bocca davanti allo specchio per controllare la gola arrossata.
Non vuole dormire ma appoggia la testa sul cuscino e non la senti più, vorrebbe chiamare amici e parenti per raccontare del suo malessere.
Nei momenti di veglia sfoglia interi album di foto di famiglia, sua grande passione, guarda vecchi dvd di Barbie e i cartoni di quando era piccina sul serio.
Infilata sotto il piumone si lascia catturare da un film che racconta di una bambina il cui desiderio più grande è avere un cane, immedesimandosi completamente nella parte.
Sorride sorniona ai fratelli che escono per andare a scuola, mentre si accoccola fra le mie braccia.
La piccola è influenzata, la sua mamma influenzabile da quegli occhietti lucidi di febbre e furbizia.
Ci godiamo la vicinanza e il tempo raro dello stare in due.
E pazienza se la piccola untrice ha già appestato la sua mamma.