C’è un limite a tutto.
Un limite d’età per fare la commessa da Zara, di peso per salire su un ascensore e di altezza per le giostre più paurose.
Il limite di velocità per strada, di decenza nel vestire, di tempo per finire un gioco.
Ci sono i limiti della trigonometria, di calorie in una dieta, i casi limite.
Il limite di decibel nei locali, di spesa sulla carta di credito, di caratteri su Twitter.
Limiti scelti, limiti imposti.
Limiti superabili, limiti insuperabili
C’è poi un limite ben più pericoloso, quello nella pazienza coi propri figli.
Che quando si supera fa il rumore secco di un ramo che si spezza, col quale alimentare il fuoco della rabbia che lo accompagna.
E allora ti trovi un pomeriggio con una mezzana preadolescente che sbatte porte e urla la sua insofferenza per essere incompresa e abbandonata, e tu molli gli ormeggi e urli la tua insofferenza per le mezzane preadolescenti e ti fai sentire da tutto il quartiere.
Quando all’improvviso, il campanello.
Alla porta, una suora.
Nelle sue mani, un’immaginetta.
La benedizione natalizia, quest’anno, è scesa su una nutrita platea composta da una nonna in trasferta, una mamma e una mezzana furibonde l’una con l’altra, un primogenito e il suo amico che stavano giocando a carte, una piccola con la bocca piena di biscotti e un felino dormiente sul divano
C’è un limite a tutto, tranne che alla provvidenza.