Un continuo saliscendi, su strade lastricate di pietra. I piedi doloranti per un paio di scarpe nuove inadatte al viaggio.
Le scalinate, infinite per il fiato e tonificanti per i polpacci, che all’improvviso ti aprono scenari inaspettati.
Il colore, sulle case e nel cielo, spesso lo stesso.
Un negozio di sardine simile a un circo, i tavoli in strada e le panchine vicine.
Un fiume che scorre lento sotto lo sguardo di un altissimo Cristo, che sembra tenere le braccia aperte anche per te.
Una torre sull’acqua, dove poggia l’immagine di un rinoceronte. Doveva essere il folle dono di un sovrano a un pontefice, ma il povero animale è naufragato durante il viaggio e non è mai arrivato a destinazione.
La cena in quello che era un carcere femminile e oggi è un luogo dove si mangia e si impara.
Un monastero bianco e imponente, che per secoli ha ospitato preghiere e per ultimo un orfanotrofio.
Un tram giallo antico, funzionante e panoramico che si inerpica tra pendenze e strettoie.
Avere accanto chi è capace sempre di mostrarti i dettagli, che perde il cellulare ma non la testa, che condivide con te la costante meraviglia della scoperta.
Obrigada, Lisbona.
Torniamo a casa con tanta bellezza negli occhi e le parole di Pessoa, che qui ha vissuto, nel cuore.
La vita è ciò che facciamo di essa.