Scendendo dal treno
“Signorì, signorì! Aspetti che le è caduta una cosa!”
“Uhm…cosa?”
“Ma quel sorriso meraviglioso! Vicino a due occhi belli belli come i suoi! Che dice, me le compra delle calzine di un cotone buono buono? In offerta solo per lei”
Camminando al castello Sforzesco
“Buongiorno, ci farebbe una foto? Veniamo da Treviso”
“Beh, se venite da Treviso…dove la volete fare?”
“Allora, io comincerei qui con lo sfondo della fontana, se riesce quando c’è il getto più alto”
“Ci provo”
“E poi all’ingresso del castello, sulla panchina mentre ci baciamo e accanto allo stemma, eh?”
“Scusate, perdo la metro”
In metropolitana
“Signora senti, non è che mi puzzano i piedi?”
“Non direi, stia tranquillo”
“Signora, sei sicura? Perché il signore di prima mi guardava strano”
(Forse perché sei in canottiera e infradito con quindici gradi, hai i capelli che ci sembra esplosa una manciata di petardi a capodanno. Ma non lo dico)
Signore e signori, ecco a voi la calamita del disagio, la stella polare degli squinternati, il faro che guida il visionario, Nostra Signora della psichiatria di strada.
Inchinatevi.