Gli avvenimenti degli ultimi giorni in ordine sparso, ché in quello giusto non me li ricordo.
Parcheggiare la macchina nel centro del paese, mettere diligentemente il disco orario, lasciare le chiavi inserite e la portiera aperta.
Farsi raggiungere da una signora che, ancora ansimante dalla corsa ti chiede “sei tu Barbara Boggio, vero?” incipit che di solito è preludio di “sei la mamma di x,y e z” o “leggo sempre i tuoi post, mi fai tanto ridere” e invece diventa “ha lasciato il bancomat adesso in banca”
Organizzare in modo dettagliato e con tempi militari il mercoledì dei figli, tra baby sitter, passaggi per gli allenamenti, lavoro, senza accorgersi che invece e martedì.
Andare al supermercato perché si è finito il sale. Arrivare alla cassa con salmone, insalata, detersivo in polvere per lavatrice e tre scatole di ciobar in offerta. Tornare a casa. Mangiare insipido.
Dimenticare -questo è un evergreen, ma con un’attenuante- a scuola il figlio maggiore al mezzogiorno del sabato, perché non abbiamo l’abitudine di frequentare sei giorni su sette. Trovare il figlio al bar “il cigno” ormai prossimo alla dipendenza da Campari spruzzato col bianco.
Attendere la nonna per mezz’ora alla fermata dell’autobus, borbottando contro l’inefficienza e i ritardi del trasporto pubblico, la classe politica e le scie chimiche come un vecchietto inacidito, per poi accorgersi di essere alla fermata sbagliata.
Perdersi in un sito di angeliche mamme “pancine” che dispensano consigli di puericultura e pedagogia direttamente dal medioevo, ridere con le lacrime agli occhi perché sei una mamma con la pancetta ma almeno conservi un briciolo di sanità mentale, dimenticandosi però di andare a iscrivere la piccola al catechismo.
Questi inquietanti accadimenti mi collocano di diritto in quell’allegro ventaglio che va dal leggero stordimento all’Alzheimer precoce.
Ma la piccola ha una soluzione per tutto. “Tranquilla mami, se dovrai firmare autografi ti ricorderemo noi come ti chiami”