“Zaino! C’è?”
“Sì, lo zaino ce l’abbiamo, nuovo e coloratissimo”
“E gli scarponi?”
“Scarponi pronti, però dobbiamo imparare bene ad allacciarli, altrimenti come si fa?”
“Imparerò. Mi aiuteranno. In qualche maniera farò. Andiamo avanti. Pile?”
“Pile pronti, tre che erano di tua sorella e uno nuovo”
“Telo poncho!”
“Amore no, il telo poncho no. Sono cinque anni che mando in campeggio i tuoi fratelli e non ho ancora capito cosa sia e a che cosa serva”
“Vabbè, niente telo poncho”
La piccola si prepara per la sua prima partenza da sola.
Che poi sola non sarà, ma se mi penso senza di lei la vedo così.
Sarà in compagnia di amiche, animatori, educatori, cuoche, uomini campo, marmotte e montagne, oltre a un invidiabile entusiasmo e tanta voglia di fare.
Io dei suoi fratelli, della quotidianità e di una insolita formazione familiare.
Sono contenta che vada, come è stato per i grandi prima di lei.
E oscillo tra la magia del vederla crescere e l’egoismo del volerla piccola.
Zoppico nell’ambivalenza tra una madre saggia e una donna ansiosa.
Aspetto, nel traccheggiare indolente di chi sa che è solo questione di tempo.
Intanto sistemo magliette e mutande, euforie e ansie.
E dentro è come sentire il petricore, l’odore della pioggia d’estate, quando cade sulla terra calda e subito ritorna il sole.
È il sollievo e il ricordo, il benessere e la nostalgia, una fine seguita da un nuovo inizio.