Sdraiate strette al piano di sotto del letto a castello, vicine vicine.
Lei dolorante per le spalle scottate, io per la schiena malandata.
In mezzo a noi un libro, che racconta di come pochi grammi possano dare la felicità.
E non parla di droga.
La piccola ascolta rapita parola dopo parola, riga dopo riga, finché la lettrice non sbadiglia sonoramente, ché leggere ad alta voce la sera è la più potente delle ninnananne.
Allora afferra il libro e prosegue la lettura, con gli inciampi e le incertezze della terza elementare, interrompendosi per chiedere il significato delle parole che non conosce. Che poi, dare significati non è mica così semplice.
“Greta mi spinge-va, creden-do di aiutarmi. Ma io non vole-vo prendere le deci-sioni che le li mi sugg…sugge…suggeriva. Erano sue. Non mie.”
“Mamma, è proprio vero!”
“Cosa amore?”
“Le decisioni, no? Ognuno deve prendere le sue perché magari le tue vanno bene per te ma non per me giusto? Le decisioni vanno prese su misura”
“Oh, beh, certo. È vero. E anche molto saggio piccola, brava”
“Grazie mamma, quindi decido io quante lasagne mangiare, giusto?”
“Andiamo avanti a leggere, forza”
Qui la letteratura non parla all’anima, ma alla pancia.