“Recenti studi scientifici dimostrano che il disordine e la sciatteria di un figlio adolescente sono direttamente proporzionali alle cure materne ricevute in tenera età”
No, non è vero.
È che mi racconterei qualunque scempiaggine pur di giustificare lo stato di caos in cui versa la camera del primogenito e il mio rapporto con lui.
Sta facendo la muta, la mia piccola serpe in seno, traghettando dal corpo di un bambino a quello di un adolescente.
Almeno le serpi hanno il buongusto di ripresentarsi simili, dopo avere cambiato la pelle.
Io saluto la sera con un bacio un ragazzino sorridente e sveglio la mattina un parente prossimo dell’anticristo.
A pranzo si dibattono temi filosofici, con profondità e intelligenza.
A merenda si levano le urla e le polemiche per un’uscita negata, con livelli di proteste che in confronto in piazza Tienanmen si poteva dialogare.
Prima di cena si butta fra le mie braccia davanti ai suoi amici, e io prima controllo che non sia una candid camera, poi gli provo la febbre preoccupata per la sua salute.
La mia salute, mentale, è già in bilico da un po’, più o meno da quando abbiamo imboccato il sentiero in salita della crescita.
Sentiero reso più impervio è ostile dall’approssimarsi degli esami di terza media.
Che il primogenito vive con un’ansia ben controllata, a quanto pare.
“Mother, traanquillaa , il mio amico G. mi ha detto che gli esami sono una passeggiata. Vanno via lisci”
“Ma chi? G? Quello che hanno bocciato agli esami?”
“Sì, lui, perché?”
Così, tanto per sapere.
Per stare traanquillaa.