Sembra impossibile che una formica sollevi tre volte il proprio peso o che per saltare in alto come una pulce un uomo dovrebbe spiccare un balzo fino al sessantacinquesimo piano di un edificio.E invece no, se pensiamo che dieci chili di bambino in calzoncini possono smuovere montagne, due gambette che escono da un pannolino essere più ostinate del più testardo dei muli.
Per i piccini il no non è il contrario del sì, ma di on. E quando l’interruttore passa sull’off non si vogliono più mettere i pantaloni coi dinosauri, si pretende di uscire in ciabatte a gennaio e col piumino fucsia a ferragosto. Ci si impunta nella corsia dei giochi del supermercato perché non si può sopravvivere senza la Barbie Sirena, si ulula al parco giochi perché non si vuole lasciare l’altalena, si trattiene il fiato fino a diventare blu per non mangiare gli spinaci.
Ci si nasconde nell’armadio per non andare dal dentista, si lanciano le costruzioni dalla finestra per non riordinare, si trascina il gatto per la coda perché non vuole giocare. Il cucciolo d’uomo sa essere tanto meraviglioso quanto pernicioso, in grado di far implodere una armonia familiare nello spazio di un capriccio. Capace di incrinare un’autostima faticosamente costruita in trent’anni di vita con mezz’ora di urla al parchetto. L’importante è essere madri sufficientemente buone, ci racconta Winnicot dall’alto del suo sapere. Peccato che a scuola ci abbiano insegnato che la sufficienza non è abbastanza, che puoi fare di più ma non ti impegni. E allora ogni buona mamma ce la mette tutta, studia, ripete e ripassa. Va a lezione e a ripetizione, ascolta e prende appunti. E non si sente comunque mai abbastanza. Io, dopo una laurea e un master, mi sa proprio che mi accontento della sufficienza.