In coda alla cassa, coi croccantini del gatto, il flacone XXL dell’ammorbidente e una confezione maxi di carta igienica.
Dietro di me una giovane donna bassa, i corti capelli biondissimi con tre dita di ricrescita nera. Dei pantaloni fiorati su scarpe basse, la giacca senza maniche rosa che non arriva a chiudersi, poggiata su una bella pancia rotonda. La osservo con un po’ di nostalgia mista a sollievo. Tiene fra le braccia la spesa di una settimana, e le cosce di pollo surgelate confezione famiglia minacciano di precipitare a ogni movimento.
“Ah, se aprirebbero un’altra cassa”
Sospira la giovanissima, provocando una fitta di dolore alla grammar nazi che abita in me.
“Vuole passare?”
Le chiedo io, memore delle fatiche di una pancia abitata da un inquilino ribelle.
“Oh, ma grazie! Come è gentile lei, ha proprio poche cose e io invece…”
È così dicendo riversa il contenuto delle braccia sul nastro della cassa. Paga quanto dovuto e si mette a insacchettare la spesa.
“Quando nasce?”
Chiedo con un cenno e un sorriso in direzione della pancia rotonda.
“Chi?”
Risponde la giovane rabbuiandosi in volto, mentre sistema un pacco di tegolini sotto il braccio. Per un attimo temo che voglia colpirmi con le cosce di pollo surgelate.
La cassiera mi guarda sgomenta, il gelo scende nella fila, io balbetto qualcosa di incomprensibile sul prezzo dell’ammorbidente.
La giovane donna in quello che sembrava un evidente stato di gravidanza si allontana torva. E io da domani cambierò supermercato.