Arriva col passo spedito e la faccia arrabbiata, col pigiama preferito, quello con le orecchie dell’orso. Attraversa il corridoio di corsa travolgendo il piccolo gatto, che preferisce rintanarsi nella cesta dei panni sporchi. Il tono di voce acuto come il trillo del campanello alle sette della domenica mattina.
“Mami, quando toccherà a me?”
“Piccola, ancora col pigiama? Santo cielo, tra dieci minuti passa lo scuolabus!”
“È più importante questo. Devo sapere”
“Ma cosa devi sapere?”
“Devo sapere quando farò anche io come mia sorella”
“Sì ma quale delle cose che fa tua sorella? Giocare a pallavolo? Mangiare le verdure? Truffarmi sui compiti?”
“Io sui compiti truffo già, vado a ginnastica e le verdure non mangerò mai”
“E quindi??”
“Voglio sapere a che età si comincia a dire ‘girati che mi sto vestendo’. Mia sorella fa così e non vuole che guardo. Che cosa ci sarà mai da nascondere?”
“Oh piccola! Questo? Ma è normale, è come quando tu ti vergognavi a togliere il costume alle docce della spiaggia. Si chiama pudore ed è cosa buona e giusta”
“Sì ma lei ha qualcosa da nascondere che io non ho”
“Amore crescerai e arriverà tutto, te lo prometto. Adesso vai a vestirti che saremo gli ultimi alla fermata”
“E allora? Tanto io sono sempre l’ultima in questa casa”
Otto anni e tanta voglia di crescere. Che fatica essere sempre medaglia di bronzo.