Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
“Mother? Mother!! abbiamo un problema. Non so cosa vuole questo tizio da me. Che significa tutto questo?”
“Intanto questo tizio si chiama Ugo Foscolo e porta rispetto, che è stato un grandissimo poeta”
“Dici così per solidarietà, perché anche lui aveva i capelli rossi. Siete complici fra voi. Ah no, tu però non sei mica rossa naturale eheheheh”
“Continua così e ti faccio studiare anche I Sepolcri e le ultime lettere di Jacopo Ortis, da ammazzarsi dalle risate”
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
“Si riferisce alle onde? Ha fatto le vacanze in Grecia?”
“Sii serio e vai avanti”
cantò fatali, ed il diverso esilio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse
“Ulisse!”
“Oh, finalmente, ti ricordi?”
“Certo, il cane di nonna”
“Forse è meglio fermarsi qui”
“No che vediamo come va a finire”
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura
“Finisce bene, vero Mother?”
Qui di illacrimata c’è solo una madre, in un pomeriggio di compiti al tavolo della cucina.