“Ero un bambino gracilino e anche un po’ solo. Dicevano che ero strano, lì seduto nel cortile di nonna, a parlare col vecchio cane e con le persone di passaggio. Mia madre mi ha iscritto a un corso di nuoto comunale, gratuito, non doveva pagare niente. È così è cominciata. Sono entrato in acqua e tutto è venuto naturale. Era il mio posto, il mio elemento. L’allenatore ha visto che andavo e mi ha preso con sé, mi ha portato nella squadra di nuoto della squadra vicina. Poi è arrivato l’agonismo, le prime gare, qualche vittoria. Le trasferte nei paesi intorno, qualche città lontana. Mi allenavo tanto, mi allenavo sempre. Poi tornavo a casa in bicicletta e le gambe non si muovevano dalla fatica. Pesanti come pietre. Ma nuotavo lo stesso, mi facevo il fisico. Il nuoto è l’asso di briscola per la crescita, sai? Però è bastardo, perché se non vinci non vali. E io non vincevo abbastanza. Allora è diventato altro. Un lavoro, da aprile a settembre, sempre in questa piscina. Anno dopo anno. Le persone, le stesse che crescono e invecchiano. Facce nuove, bambine coi braccioli prima che diventano adolescenti belle poi. I tuffi, non si può correre a bordo piscina, aiuto non so nuotare. Un altro si sarebbe depresso. Io no. Alla fine nuoto, quando tutti vanno via e la piscina ritorna ad essere la mia, e io ancora quel ragazzino che ci stava così bene. Ecco, il segreto è quello. Trovare un momento della giornata per lasciar libero il ragazzino che abbiamo dentro”
Tutti hanno una storia da raccontare, anche il bagnino della piscina. Basta volerla ascoltare.