Camminano avanti e indietro sul marciapiede di fronte alla banca, nervosamente. La donna si arresta all’improvviso, cambia direzione, come su un ring per confondere l’avversario.
Lei è molto bella, anche nascosta da grandi occhiali scuri. Lunghi capelli lucenti in piega perfetta, borsa e scarpe coordinate, un abito costoso a sottolineare una linea invidiabile. Lui alto, forse più giovane, con indosso un completo da grande. Curato con l’eccesso che a volte gli uomini scambiano per eleganza. Sorride di un sorriso tirato e aggrotta la fronte mentre parla, gesticolando rabbioso.
“Potresti almeno spiegarmi il perché. Non mi sembra di chiedere molto”
“Ti ho già spiegato mille volte almeno che è finita Fabio, ora basta e lasciami stare”
“No. Tu mi hai detto che è finita ma non il perché. Mi sembra un mio diritto saperlo”
“Fabio ascolta una buona volta. Non ti amo. Non ti voglio. Non ho un altro. Non ci voglio riprovare. Basta”
“Non è vero. Non può essere. Io ti amo”
“Non basta uno ad amare, bisogna essere in due”
“Io ti amo abbastanza per tutti e due”
“Fabio, tu ami te stesso per tutti e due. Adesso sparisci, brucia il mio numero e dimentica il mio nome”
“Camilla, tu mi ami ancora”
Accettare un no è un’esperienza frustrante. Lo sa il bambino di due anni che non può fare un altro giro di giostra, lo sa la ragazzina di undici che non avrà il cellulare, lo sa il quindicenne a cui è stato negato il permesso di passare fuori la notte con gli amici.
A non saperlo, a volte, sono proprio i trentenni con la giacca elegante e le unghie curate.